L'immaginario come esperienza trasformativa

Tutti abbiamo vissuto l'esperienza di entrare in un museo o una galleria d'arte e abbandonarci a una visione contemplativa delle opere esposte. Ci immergiamo in una sorta di "esperienza estetica" intima e profonda che attiva un processo di ri-creazione, nel senso che lo spettatore non rimane passivo davanti al dipinto ma proietta un suo stato interiore, fissando inizialmente una parte del dipinto o della scultura, poi osservandone un'altra fino ad attribuire un significato e un valore simbolico propri, oppure riconoscere emozioni e sentimenti ai personaggi rappresentati nella scena della composizione (Changeux, 1994). In queste considerazioni ritroviamo le basi della "neuroestetica", cioè quella disciplina che unisce i principi neuronali e filosofici della percezione, sulla base dei nuovi sviluppi scientifici delle neuroscienze. Osservare un'opera d'arte, quindi, non è un semplice processo passivo di fruizione di immagini, ma un'esperienza attiva di vissuti personali, di stati mentali, desideri e intenzioni proiettati su altri individui, reali o fittizi che siano. Ecco che il "richiamare" dalla nostra memoria ricordi, sensazioni ed emozioni, si traduce in una dinamica immaginativa personale ri-elaborativa e trasformativa che fa dell'immaginario un potente strumento di comprensione del nostro mondo interno, come se la mano dell'artista uscisse dalla cornice e ci trascinasse dentro alla tela per condividere, sul piano multisensoriale, una nostra "Esperienza Immaginativa".